Svegliarsi a San Gimignano. Tra medioevo e arte contemporanea
di Marianna D’Ovidio
Svegliarsi a San Gimignano significa osservare l’alba sulle colline verdi della Val d’Elsa, sentire il canto degli uccelli, respirare l’aria sottile che si insinua tra gli alti cipressi, vivere una realtà spazio temporale che sa di medioevo.
Percepire il senso della distanza: ecco la sensazione preminente. La distanza dalla frenesia delle nostre città. La quiete dei borghi incantati, dove il tracciato dei vicoli è quel tanto che basta per ritrovare sé stessi.
Non ci sono macchine. Non ci sono bus. Non ci sono tram a San Gimignano. Ci sono le persone. C’è la storia. Ci sono le pietre, nelle solitarie case. E c’è il vento, quella leggera brezza delle notti d’estate che costeggia gli edifici.
Abbandonarsi. Rilassare la mente. Percepire la dimensione umana. Liberare i pensieri. Perdersi nei vialetti. Entrare nelle chiese silenziose. Indugiare tra i negozietti di souvenir. Avvertire sulla pelle l’atmosfera di medioevo. Riposare lo sguardo nei panorami delle dolci colline ondulate. Mangiare con gli amici. Sedersi nei bellissimi locali e degustare. Questo si fa a San Gimignano (SI)
Ma tanta bellezza è intrisa di storia.
Il nostro viaggio inizia da Porta San Giovanni che ci porta dall’altra parte, a Porta San Matteo, dove quel piccolo mondo antico si esaurisce. Bastavano quattro mura un tempo per approntare la difesa di una città, null’altro serviva alle persone. Non era come adesso.
Quando vi troverete in piazza della Cisterna, dominata da quel pozzo che le conferisce il nome, pensate solo all’acqua. All’acqua che scorre da quei monti incantati, un po’ acidula per la verità, ma che sinuosa si infiltrava tra i valichi e dissetava quel tanto – o poco – di persone e viandanti che la attingevano dalle fontane, pura, o da quel pozzo. Pensate che in tempo di assedio, se si voleva far capitolare un castello o un borgo, bastava inquinarne le sorgenti con animali morti o con putridume, e il mondo si annullava.
Non credo che un viaggiatore di settecento anni fa potesse esimersi dal fare un salto al duomo. Quelle dimensioni scabre che occupano l’omonima piazza hanno accompagnato santi e dannati, poveri e cristiani, ricchi e diseredati, in cerca di spiritualità. Entrate in quegli spazi e andate subito in controfacciata a vedere il Giudizio Universale di Taddeo di Bartolo del 1393. Nell’affresco i peccati erano fissati all’eternità in bianchi cartigli che emergevano dai personaggi e gli errori dell’umanità trovavano nome. Fermatevi! E guardate all’insù. Per apprezzare quel groviglio di corpi, quel senso confusionario della geografia dell’inferno – che conosciamo da Dante, morto appena 70 anni prima – e che abbiamo imparato a leggere dai dipinti medievali.
A destra dell’altare centrale invece, non mancate di andare a vedere la cappella di Santa Fina. La giovane visse una vita di sofferenze: una malattia la colse in tenera età, condannandola all’immobilità. Perse la madre quando era ancora giovane. Le privazioni di una vita di stenti fecero il resto, e ne assicurarono l’esistenza agli onori degli altari. Negli affreschi a firma di Domenico Ghirlandaio del XV secolo leggerete la sua storia: dalle formelle e non dai libri, perché è così che si trasmettevano i buoni consigli nel medioevo, quando l’analfabetismo dilagava e le notizie venivano urlate dai banditori delle città. Giosefina, detta Fina, morì in preda ai dolori il 12 marzo del 1253, data che coincideva con il suo dies natalis se si considera che, secondo la leggenda, le campane suonarono a distesa per sottolineare il giorno felice. È considerata co – patrona di San Gimignano e andare a trovarla è un atto di fede e di serenità.
E poi andate a vedete l’altra chiesa bellissima, verso Porta San Matteo, dedicata a Sant’Agostino. Anche qui il medioevo trionfa con affreschi e altari senza tempo. Nel catino absidale spiccano le storie del santo, dalla fanciullezza fino alla morte del 28 agosto del 430, raccontate in 17 formelle di Benozzo Gozzoli del XV secolo.
Prima di lasciare il medioevo e tornare nel mondo contemporaneo, non dimenticate di salire fin lassù. Ogni paese medievale che si rispetti ha una torre che domina la città. La Rocca di Montestaffoli controlla San Gimignano e fu realizzata dai fiorentini allorché gli abitanti di San Gimignano chiesero loro aiuto per uscire dal dramma incontrollato della peste del 1348.
A San Gimignano è possibile assaporare non solo il medioevo, ma anche l’arte contemporanea.
È per questa ragione che vi invitiamo ad andare da Galleria Continua, una delle gallerie di arte contemporanea più interessanti d’Italia, che oggi vanta 8 sedi nel mondo.
Fino al 15 settembre 2024, nella sede dell’ex cinema di Galleria Continua, potrete visitare la mostra “Neither Nor” di Ai Weiwei. Ai Weiwei è un artista cinese, dissidente e poliedrico, che sa fare molte cose. È scultore, pittore, ceramista, fotografo, architetto, paroliere, regista, performer, blogger, giornalista d’inchiesta, e molto altro ancora. “Neither Nor” è il titolo della mostra in cui reinterpreta i grandi capolavori della storia dell’arte con una tecnica impressionante: i mattoncini Lego!
L’Ultima Cena e la Gioconda sono realizzati dall’unione di tanti piccoli Lego che rimandano molto semplicemente alle tessere dei mosaici antichi. C’è una curiosità però: per molto tempo la Lego ha vietato ad Ai Weiwei l’uso di quei mattoncini. La policy dell’azienda non ne consentiva l’uso a fini politici: ricordatevi che è un contestatore! Proprio i suoi fan però gli hanno fatto recapitare negli anni i “pericolosi tasselli” con cui ha realizzato opere dall’alto valore politico.
In “The last supper” (2022), l’Ultima Cena appunto, l’autore mette il suo volto al posto di Giuda e fa riferimento al mercanteggiare nel mondo dell’arte. Proprio come accadde con quei 30 denari con cui Giuda tradì Gesù. Sapete che il termine tradire è nato in un modo ed è morto in un altro? Eh sì, il suo significato è cambiato nel corso dei secoli. Prima significava semplicemente “trasmettere”, ma solo dopo la “notte degli ulivi” assunse l’accezione negativa di “trasmettere nelle mani di qualcuno” e quindi tradire.
Galleria Continua ha più sedi, e l’altra è in Piazza Cisterna. Qui troverete un’altra mostra dal titolo “Anxiety” di Zhanna Kadyrova, artista ucraina che riflette sul tema della guerra.
Durante le prime fasi degli scontri, Zhanna è stata costretta a riparare in un luogo lontano, in Transcarpazia, ai confini con l’Ungheria. La valle di cui era ospite era attraversata dalle acque di un fiume, felice presenza nel silenzio dei boschi. Proprio queste limpide acque sono state fonte di ispirazione per un progetto esposto alla Biennale di Venezia nel 2022. I ciottoli rotondi e levigati dal fiume hanno rievocato in Zhanna i pani consumati nei momenti felici.
L’artista ne ha selezionati alcuni, ha scelto quelli che sembravano pagnotte, e li ha “affettati”. Come facciamo noi tutti i giorni in casa. Solo che non ha affettato il pane, ma le pietre! Per Zhanna quelle frazioni di pane (meglio dire di pietre) rappresentano i segni di un’identità sociale smembrata. “Palianytsia 2022”, titolo dell’opera e pagnotta in ucraino, è diventato un simbolo perché consente di riconoscere gli amici dai nemici: solo gli ucraini infatti ne sanno pronunciare correttamente il nome.
Un’altra opera che richiama la nostra attenzione è “Data Extraction” (2023), una porzione di asfalto prelevata dalla città di Irpin, centro urbano satellite di Kiev, occupata dai russi e teatro di guerra. Nel nero del catrame troverete le schegge delle bombe lanciate dai russi. Le coordinate geografiche dei luoghi di estrazione che si ritrovano nel titolo rappresentano le cifre di una sofferenza diffusa.
Prima di lasciare San Gimignano, vi invitiamo ad andare all’Arco dei Becci, altra sede di Galleria Continua, in cui potete visitare “The citrus project”, in esposizione ancora nel mese di maggio 2024. 14 artisti reinterpretano in 14 opere il gustoso frutto. La mostra è a cura di Vincente Todolì che ha realizzato, vicino a Valencia, un frutteto di oltre 500 agrumi diversi, distribuiti su una superficie di 60 mila ettari: una piantagione considerata la più grande collezione al mondo.
A conclusione di questo racconto, ispirati dai limoni, ci piace citare “I limoni” di Montale “ che traggono il senso di ciò che abbiamo raccontato:
“Qui delle divertite passioni / per miracolo tace la guerra, / qui tocca anche a noi poveri la nostra parte di ricchezza / ed è l’odore dei limoni.”
Prima di andar via da san Gimignano, ricordate di dare un ultimo sguardo alle Torri degli Ardinghelli in cui sopravvive il senso di questo borgo di mercanti che non smette di stupire.
Credit foto: ELA BIALKOWSKA, OKNO STUDIO, SOFIA GIUNTINI, ANDREA MIGLIORINI
MARIANNA D’OVIDIO
Marianna D’Ovidio è laureata in lettere e specializzata in archeologia classica. Si occupa di storia dell’arte contemporanea, creando commistioni di senso tra i due mondi.
Abruzzese di nascita, subisce fortemente la seduzione dell’altrove e di percorsi alternativi di conoscenza del patrimonio culturale.
Giornalista detentore dal 2015 del Guinness World Records TV e Ambasciatore Borghi più Belli d’Italia.
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