Piante officinali: Biodiversità con la B maiuscola
“Sono chiamate colture minori ma hanno le potenzialità per diventare grandi”
Storicamente, il termine officinale deriva da una tradizione culturale del nostro Paese, che rimanda “all’officina” ovvero ai “laboratori farmaceutici” dove le piante erano sottoposte a diverse lavorazioni come essicazione, triturazione, macerazione, distillazione, estrazione, per poter essere utilizzate ai diversi scopi. Benché abbia avuto sempre un ruolo marginale nel panorama agricolo nazionale la coltivazione delle officinali sta vivendo un trend crescente.
I numeri del mercato
Il valore del mercato globale è poco conosciuto e difficile da dimensionare per via della complessità merceologica del comparto. Comunque, si stimano circa 750mila tonnellate di materie prime essiccate con un valore totale del mercato che spetta per il 30% a Cina e India, seguite da Egitto, Marocco e Albania. Il mercato europeo, quello più facile da conoscere, vale fra le 400mila e le 450mila tonnellate di erbe e piante essiccate e oltre 100mila tonnellate di oli essenziali come materie prime.
Le erbe officinali e aromatiche rappresentano un mercato di enorme interesse che in Italia occupa una superficie coltivata di circa 7.300 ettari per 500 imprese professionali strutturate. L’Italia produce circa 4mila tonnellate di piante officinali e 350 tonnellate di oli essenziali, in gran parte di agrumi.
Il valore della produzione del comparto è stimato intorno a 235 milioni di euro, riferito alla sola materia prima di trasformazione. Se si aggiunge l’export di derivati a valore aggiunto si può arrivare ad 1 miliardo di euro.
Le previsioni dicono che il mercato è in crescita: se nel 2020 il mercato globale era pari a 150 miliardi di dollari, oggi si prevede che crescerà fino a 230 miliardi entro il 2027, con l’Asia a rappresentare il 50% del mercato. Si ipotizza un incremento medio atteso fra il 20 e il 30% all’anno nei prossimi 5 anni.
In risposta a questo aumento della domanda bisogna iniziare a programmare una maggiore produzione, incrementando la coltivazione a scapito della raccolta spontanea.
Le potenzialità di crescita
Questi dati documentano da un lato un maggior interesse dei consumatori verso aspetti salutistici e di benessere ma ancor più riflettono, in parte, un cambiamento più generale, verso una maggiore sostenibilità dell’intero comparto agricolo. Il ruolo delle piante officinali va pertanto rivisto nel contesto di questa transizione verde in cui la diversificazione delle produzioni, il contenimento dei fenomeni erosivi, la conservazione della biodiversità, la ricerca di principi attivi di origine vegetale che possano contribuire alla riduzione degli input chimici in agricoltura nonché il ruolo paesaggistico e ambientale dell’agricoltura stessa costituiscono una parte essenziale.
La produzione di piante officinali è perfettamente in linea anche con il Green Deal ed in particolare con alcuni degli obiettivi fissati tra i quali ricordiamo il ruolo di preservare e ripristinare gli ecosistemi e la biodiversità ma anche favorire un sistema alimentare equo, sano e rispettoso dell’ambiente “dal produttore al consumatore”. In questo, sebbene il settore delle piante officinalisia ancora definito di “nicchia” rispetto ad altri settori agricoli, esso presenta un trend in espansione ed un potenziale ancora tutto da sfruttare infatti le specie di interesse nel nostro Paese sono più di 300 tra coltivate e spontanee ma potrebbero aumentare. In realtà negli ultimi anni è cresciuta l’attenzione verso questo settore, sia per una maggiore domanda dei consumatori, evidenziata anche dalla presenza di circa 5.000 erboristerie sul territorio nazionale, sia per l’aumentata richiesta delle aziende farmaceutiche, cosmetiche ed alimentari. A queste è necessario aggiungere la presenza di reparti destinati alle officinali, praticamente in tutte le farmacie, parafarmacie, supermercati, senza contare le aromatiche.
La valorizzazione delle specie officinali però passa anche attraverso il loro miglioramento genetico, utilizzando tutte le informazioni che la scienza oggi mette a disposizione per ampliare le conoscenze sui genomi e tutti gli altri strumenti biotecnologici disponibili. Queste conoscenze contribuirebbero enormemente al miglioramento della produzione quali/quantitativa di specifici metaboliti.
La legge
Nonostante i numeri in crescita, ad oggi una gran parte del fabbisogno di materie prime e semilavorati dell’industria di trasformazione è soddisfatto dall’offerta estera (70/80% delle erbe consumate). Grazie alla legge n.75/2018 “Testo Unico in materia di coltivazione, raccolta e prima trasformazione delle piante officinali ed ai suoi decreti attuativi completati nel corso del 2022 è stata creata una base normativa, un unicum a livello UE, che dovrebbe consentire di superare la contraddizione tutta italiana, che pur vantando la più antica storia e tradizione in termini di conoscenza ed utilizzo delle piante officinali, presenta la minor superficie agricola destinata a questo settore.
I punti di forza
Come accennato, la produzione nazionale soddisfa solo una piccola parte del fabbisogno interno mentre buona parte del prodotto proviene da Paesi terzi in cui la manodopera è a basso costo e non sempre qualificata, che riescono a garantire un basso prezzo a fronte di una qualità non sempre soddisfacente. Le produzioni nazionali di piante officinali possono essere competitive unicamente per la qualità, come ormai succede in molti altri settori agricoli, da ciò ne consegue che lo sviluppo di questa filiera innovativa può portare sia un incremento di reddito per gli imprenditori ma anche un incremento di benessere per i consumatori. Per questo, diventa fondamentale creare una filiera chiusa. dalla produzione in campo all’azienda di trasformazione finale, ben coordinata che riceva subito il prodotto destinato ai molti comparti di trasformazione ovvero: farmaceutico, integratori alimentari, cosmetica, biocidi, colori naturali ecc…
Per poter avviare tali coltivazioni sono necessarie alcune condizioni: la conoscenza di quali piante coltivare, quali terreni ed attrezzature siano indispensabili, quanta manodopera si debba avere a disposizione, quali macchinari siano necessari, quali siano i costi di produzione e/o trasformazione, quali siano le rese ed i redditi e soprattutto come commercializzare i prodotti.
È necessario quindi “fare sistema” ma anche realizzare una “strutturazione” della filiera all’altezza di altri Paesi europei con l’acquisto “facilitato” di mezzi tecnici per la trasformazione (essiccatoio, distillatore ecc.) e attrezzature per la raccolta meccanizzata.
Il testo di legge, che ha la finalità di qualificare e rafforzare la produzione nazionale di piante officinali, porta il comparto nel contesto di uno scenario internazionale, europeo in primo luogo, dove operano gli attori dell’industria alimentare e farmaceutica, affrontando le sfide della sostenibilità e della difesa della biodiversità.
Il testo richiama evidentemente la categoria delle piante medicinali e aromatiche – identificate come MAP (Medicinal and Aromatic Plants) anche nel contesto agricolo europeo – ampliandola anche alle alghe, ai funghi macroscopici e ai licheni che hanno le stesse destinazioni d’uso. Ma di seguito introduce anche un concetto nuovo, molto aperto, che per la prima volta entra in un testo normativo del nostro settore: “Officinale può essere considerata qualsiasi specie vegetale che per proprietà e caratteristiche funzionali si trova ad essere valorizzata come ingrediente di prodotti specifici, adeguatamente regolamentati”.
Ovviamente, si pensa subito ai derivati vegetali che possono costituire ingredienti di integratori alimentari, oppure a principi funzionali “naturali” che possono entrare nella formulazione ad esempio di prodotti cosmetici di utilizzo comune da parte dei consumatori.
Le specie spontanee
Le Piante spontanee sono la risorsa dei nostri territori dal mare alla montagna per tutte le altitudini.
La ricchezza di specie officinali selvatiche, soprattutto la loro varietà in relazione ai differenti climi e ambienti della nostra penisola costituisce un patrimonio da difendere e ancora tutto da valorizzare. Se da un lato la sensibilità per la tutela della flora selvatica si è senz’altro accresciuta nel tempo, e rappresenta un valore culturalmente condiviso, non è forse altrettanto diffusa la consapevolezza del valore che queste piante possono avere per la ricerca.
La legge inquadra la disciplina della raccolta spontanea prima di tutto nell’ottica della difesa della biodiversità, rimandando alle Regioni nell’ambito delle zone protette la regolamentazione specifica dell’attività di prelievo in relazione alle esigenze di conservazione delle specie locali, come previsto dalle norme generali sulla tutela ambientale in apposite aree protette già definite e normate a livello ambiente. Tuttavia, viene introdotto un altro elemento che costituisce un ulteriore vantaggio ed un’innovazione per la valorizzazione di queste risorse: le essenze selvatiche e i loro derivati, ai sensi della normativa comunitaria, possono essere considerate prodotti biologici; si tratta di un approccio innovativo che permette di equiparare piante e loro derivati che crescono naturalmente nelle aree naturali, nelle foreste e nelle aree agricole come ottenute con metodo di produzione biologico, se il territorio dove vivono non ha subito trattamenti e se la raccolta non compromette l’habitat e la conservazione delle specie.
I raccoglitori potranno attribuire al loro prodotto erboristico una qualifica oggi molto apprezzata dal mercato, seguendo criteri di raccolta e prima trasformazione ben precisi.
Da non dimenticare che le sostanze naturali biologicamente attive costituiscono da sempre un inestimabile arsenale di composti per la cura dei nostri malanni, grandi o piccoli che siano. Si tratta spesso di molecole non fondamentali all’organismo-pianta, che di norma le produce per regolare le interazioni con altri organismi o con l’ambiente. Per citarne alcune, i pigmenti dei fiori con i loro colori brillanti attraggono gli impollinatori e i dispersori di semi; altri composti fungono da armi biologiche di difesa contro erbivori e microbi; altri ancora sono sintetizzati in risposta a drastiche condizioni climatiche, che potrebbero compromettere la salute della pianta stessa.
Alcuni consigli
La raccolta delle piante officinali necessita di apposite attrezzature come un paio di forbici da potare, un coltello, una piccola vanga con la punta particolarmente resistente e affilata ed un cestello in vimini. Tuttavia la cosa essenziale è frequentare appositi corsi così da poter disporre di una buona conoscenza della botanica, acquisita anche successivamente ad una lunga esperienza di “erborizzazioni” condotte nei luoghi più disparati della campagna (campi coltivati, incolti, boschi, stagni, fiumi, crete, laghi, ecc) in compagnia di un esperto o, meglio, di un botanico. È necessario sapere che le parti aeree delle erbe si raccolgono prima della fioritura o durante, qualora la droga debba essere composta anche dai fiori. Le foglie si raccolgono prima della fioritura, ma in alcuni casi debbono o possono essere raccolte assieme ai fiori (biancospino). I semi si raccolgono a piena maturazione, poco prima che cadano. I fiori solitamente vengono raccolti poco prima della schiusura, quando sono ancora in boccio (tiglio e biancospino), mentre nel caso delle sommità fiorite, la raccolta deve essere effettuata all’inizio della fioritura (lavanda, achillea, elicriso, ecc). Le gemme si raccolgono in primavera, prima che si schiudano, quando al tatto presentano la massima concentrazione di sostanze resinose. Anche le cortecce devono essere raccolte in primavera, quando i rami sono ricchi di linfa.
Le radici si raccolgono durante il riposo vegetativo della pianta (inizio primavera ed autunno). Per ultimo vengono i frutti, i quali vanno raccolti a maturazione non inoltrata. Naturalmente è necessario, prima di intraprendere la raccolta, consultare con attenzione una buona tabella del “Tempo Balsamico“. È il periodo dell’anno entro il quale è opportuno procedere alla raccolta delle droghe vegetali, poiché il loro contenuto in principi attivi raggiunge livelli ottimali. Ogni specie vegetale ha un proprio tempo balsamico di raccolta, durante il quale è presente una maggiore produzione e concentrazione di sostanze attive nella parte specifica di ciascuna pianta (radice, corteccia, fiore, foglia, sommità, ecc.). Inoltre è consuetudine che la raccolta venga effettuata in caratteristici momenti della giornata che variano a seconda della specie e delle parti da raccogliere. Le radici di piante annuali vengono solitamente raccolte insieme alla parte aerea, prima della fioritura (generalmente in primavera).
Relativamente al tempo balsamico è stato osservato che:
- Le foglie si raccolgono a completo sviluppo;
- Le radici e rizomi si raccolgono durante la fase di quiescenza;
- Cortecce e legni si raccolgono a completo sviluppo;
- I fiori si raccolgono prima della completa fioritura;
- I frutti si raccolgono appena maturi;
- I semi si raccolgono a completa maturità piena.
In linea di massima le radici di specie bienni debbano essere raccolte dopo la caduta delle foglie, solitamente alla fine del 1° anno di vita, nel tardo autunno. Le radici di specie perenni vengono raccolte nel tardo autunno, dal 2° al 5° anno di vita, scegliendo quelle meno giovani, in cui si sia verificato un accumulo di principi attivi, trascurando quelle più vecchie, troppo legnose e povere in sostanze attive. Le radici di arbusti ed alberi devono essere raccolte da piante che hanno raggiunto il completo sviluppo, mentre i rizomi, i tuberi e i bulbi vengono quasi sempre raccolti da piante di 2-3 anni di vita, dopo che la parte aerea si è essiccata; fa eccezione il rizoma di felce maschio (da raccogliere in estate) e la radice di valeriana (da raccogliere durante o poco dopo la fioritura). I bulbi, i bulbo-tuberi e i rizomi da piante a fioritura estivo-autunnale, si raccolgono nel periodo di riposo prima della fioritura, quindi in primavera.
Calendario per la raccolta delle piante officinali (nomi volgari)
(Tabella del Tempo Balsamico)
Gennaio
Bergamotto
Febbraio
Abete bianco, Abete rosso, Carrubo, Cipollaccio col fiocco, Cipresso, Favagello, Lichene islandico
Marzo
Altea, Asparago, Barba di becco, Bardana, Borsa di pastore, Bosso, Cappero, Cariofillata, Enula campana, Epilobio, Erica carnicina, Faggio, Farfara, Farfaraccio, Felce florida, Fumaria, Genziana, Lichene pulmonario, Nocciolo, Olivo, Olmo, Ononide, Pesco, Pino silvestre, Pioppo, Pratolina, Prugno, Quercia, Rusco (Pungitopo), Salice rosso, Sanguinello, Serenella, Viola mammola.
Aprile
Acero, Agrifoglio, Ailanto, Alliaria, Betonica, Betulla, Biancospino, Billeri, Borragine (Sommità), Calamo aromatico, Calendula, Carciofo, Castagno, Castagno d’India, Centocchio, Crescione, Efedra, Favagello, Fico d’India, Fitolacca, Fragola, Frangola, Frassino, Gramigna rossa, Imperatoria, Lapazio, Larice, Ligustro, Lentisco, Manna, Mentastro, Noce, Ontano, Ortica, Primavera, Prugno spinoso, Rovo, Salice bianco, Tamerici, Tarassaco, Tiglio semplice, Valeriana, Viola del pensiero.
Maggio
Acetosa, Acetosella, Aglio orsino, Altea, Arancio amaro, Asperula, Bagolaro, Bocca di Lupo, Bugula, Camomilla, Camomilla romana, Chelidonia, Ciliegio, Cineraria, Cinquefoglio, Edera terrestre, Erba roberta, Erba ruggine, Farfaraccio, Fico, Finocchio marino, Fiordaliso, Galega, Malvone, Mestolaccia, Morine, Podagraria, Prezzemolo, Pulmonaria, Quercia marina, Rosa canina, Rosa rossa, Rosolaccio, Sambuco, Sanicula, Sedano montano, Serenella, Trifoglio fibrino.
Giugno
Agrimonia, Amarena, Amorino, Avena, Balsamina, Bocca di leone, Canapa acquatica, Caprifoglio, Cardiaca, Cardo benedetto, Centinodio, Cicutaria, Cimbalaria, Coclearia, Crespino, Cuscuta, Dragoncello, Ebbio, Echio, Erisimo, Eucalipto, Fico d’India, Fragola, Giglio bianco, Ginestrino, Lampone, Ligustro, Malva comune, Malva silvestre, Margherita, Millefoglio, Mirtillo, Mirto, Nepetella, Ortica bianca, Parietaria, Pervinca, Pesco, Pilosella, Pulegio, Risetto, Rosmarino, Ruta, Salcerella, Salvia, Serpillo, Tiglio Fiori e bractee, Timo, Verbasco, Veronica, Vulneraria.
Luglio
Achillea millefoglie, Alchemilla, Alloro, Altea, Anagallide, Arancio dolce, Argentina, Amica, Artemisia, Assenzio, Ballota, Bardana, Basilico, Betonica, Bistorta, Canapa selvatica, Capelvenere, Carciofo, Cardo mariano, Carota, Cataria, Centaurea minore, Cetriolo, Cicoria, Coda cavallina, Corbezzolo, Comiolo, Cotogno, Cumino dei prati, Dittamo, Edera, Elicriso, Eliotropio, Erba vescica, Erigero, Eufrasia, Farfara, Fieno greco, Frassino, Genepi, Genzianella, Granoturco, Iperico, Issopo, Lappola, Lavanda, Lingua di cane, Marrubio, Meliloto, Melissa, Menta acquatica, Menta piperita, Mentastro, Mentone, Mugo, Origano, Pastinaca, Piede di gatto, Pimpinella, Poligala, Porcellana, Prunella, Rapunzia, Ribes nero, Ribes rosso, Salvia sclarea, Santolina, Semprevivo, Senape bianca, Tiglio semplice, Tiglio doppio, Verbena.
Agosto
Aglio, Alchechengi, Anice verde, Brugo, Caglio, Carrubo, Cipolla, Coriandolo, Epilobio, Erniaria, Fagiolo, Finocchio, Finocchio marino, Fitolacca, Giaggiolo, Girasole, Iride germanica, Lampone, Licopodio, Linaiola, Lino, Luppolo, Maggiorana, Melanzana, Mirtillo, Nocciolo, Noce, Olivella, Olmaria, Peperoncino, Piantaggine, Polipodio, Prezzemolo, Prugno, Psillio, Romice, Rosolida, Santoreggia, Sedano, Serenella, Spincervino, Tormentilla, Uva ursina, Verga d’oro, Vite, Vulvaria.
Settembre
Aneto, Angelica, Angelica selvatica, Amica, Barba di becco, Bistorta, Calcatreppolo, Calendula, Canna, Canna di palude, Cappero, Cardo dei lanaioli, Cariofillata, Castagno d’India, Cedrina, Cicoria, Cinquefoglio, Cren, Dittamo, Giglio bianco, Ginepro rosso, Nigella, Ononide, Ortica, Peucedano, Quercia, Rosa canina, Rovo, Rusco (Pungitopo), Salcerella, Sanicula, Sorbo rosso, Tamerici, Tarassaco, Valeriana, Zucca.
Ottobre
Acetosa, Ailanto, Altea, Asfodelo, Asparago, Bardana, Borsa di pastore, Carlina, Carota, Consolida maggiore, Corniolo, Cotogno, Crespino, Enula campana, Erba ruggIne, Eupatorio, Felce maschio, Genziana, Ginepro, Giuggiolo, Imperatoria, Lapazio, Limone, Lingua di cane, Liquirizia, Malva silvestre, Ninfea, Pioppo, Podagraria, Primavera, Prugno spinoso, Rabarbaro alpino, Rapunzia, Sedano montano, Sigillo di Salomone, Sorbo, Tamaro, Valeriana rossa, Vulneraria, Zafferano.
Novembre
Agrifoglio, Alloro, Felce florida, Finocchio, Frangola, Mestolaccia, Nespolo, Olmo.
Dicembre
Arancio amaro, Arancio dolce.
Articolo di Alberto Manzo
Credits foto: Grazia Maria Scarpa, Dipartimento di Agraria – Sezione SACEG (Università di Sassari)
Giornalista italiano con oltre 40 anni di esperienza nel mondo dei media.
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