La scafata di Tarquinia
A Tarquinia, in provincia di Viterbo, l’arrivo della Primavera, sempre più in anticipo rispetto ad una volta, viene inaugurato con un piatto tipicamente agricolo della Maremma laziale: la “scafata”, il pranzo che i contadini cucinavano sugli stessi campi in cui lavoravano, con i prodotti della loro fatica. Una pietanza interamente vegetale ad eccezione dell’uovo, peraltro non indispensabile, composta da verdure primaverili selvatiche o coltivate sul territorio. Infatti la ricetta non prevede grassi animali, ma solo olio extravergine di oliva anche se, come sempre, ci possono essere diverse interpretazioni a seconda della zona o delle tradizioni di ogni famiglia.
E’ una delle molteplici varianti dell'”acquacotta” realizzata in base alla stagionalità e disponibilità degli ortaggi e delle piante. Il termine acqua-cotta indica, appunto, la sola cottura in acqua, come si faceva in origine, con l’aggiunta di olio a crudo solo a fine bollitura.
Nel tramandare la ricetta, qualcuno ha introdotto un breve soffritto, rimasto poi nella tradizione. Resta, comunque, un piatto digeribile e gustosissimo che non dovrebbe essere dimenticato dalle nuove generazioni locali.
Ingredienti: asparagi di bosco, carciofi, fave, cipolle, pomodorini, patate, aglio, mentuccia (non menta romana), peperoncino e uova (gli ultimi due facoltativi) e, come in tutte le “acquacotte”, il pane casareccio raffermo.
Procedimento:
Pulire e tagliare tutte le verdure conservando i gambi degli asparagi e le foglie intermedie dei carciofi che vanno bolliti a parte.
In una pentola mettere olio EVO, cipolle a fette e alcuni spicchi di aglio con il velo.
Far appassire la cipolla a temperatura moderata, aggiungere le patate a cubetti e farle rosolare perché non si sfaldino nella successiva cottura. A seguire, i carciofi e le fave che richiedono una cottura più lunga, la mentuccia, un pezzetto di peperoncino e l’acqua di bollitura dei gambi degli asparagi e delle foglie dei carciofi fino a coprire gli ingredienti.
Dopo circa 10-15 minuti aggiungere le punte degli asparagi e i pomodorini tagliati a metà e di nuovo l’acqua delle verdure.
A cottura ultimata, circa 40-45 minuti complessivi, si può mettere un uovo per ciascun commensale da cuocere “in camicia” cioè ben cotto esternamente, ma quasi crudo all’interno così da presentarsi con la sua bella “camicetta” bianca (l’albume) a protezione del tuorlo che si deve rompere solo mentre si mangia…con la forchetta, non con il cucchiaio, come nelle abitudini del territorio.
Una parte del brodo ottenuto serve per bagnare le fette di pane bruscato o raffermo che vengono poste sul fondo del piatto o, come qualcuno preferisce, a parte.
Non può mancare un giro di olio extravergine di oliva a crudo, possibilmente, molto fruttato perchè conferisce un aroma più intenso alla pietanza in cui si esaltano le note di sapore di ciascun ingrediente.
Buon appetito!
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