Il borgo incantato: Alla scoperta di Triora e del suo misterioso passato
Hai paura della strega? Quante volte per generazioni è stato agitato questo spauracchio da genitori e nonni, per ridurre a più miti consigli bambini capricciosi e dispettosi. E a quanti infanti sarà capitato di sognare di essere rapiti nel cuore della notte, dalla famelica megera per essere cucinati nel forno come l’Hansel della fiaba? La vegliarda male in arnese con cappello a punta che a cavallo di una scopa si aggira nelle tenebre. In Italia sono una presenza costante, hanno molti nomi: bagiue, masche, strologhe, magare, janare e janas.
Ma le streghe sono mai esistite? Per rispondere a questa domanda vi condurrò alla scoperta di un’autentica perla dell’entroterra ligure, il magnifico borgo di Triora, in provincia di Imperia, incastonato nell’Alta Valle Argentina, anticamente via del sale e granaio della Repubblica di Genova, di cui era anche il munito bastione sul confine con l’ostile Ducato di Savoia. Circondato da una natura rigogliosa e selvaggia, ricca di endemismi (ben 80) e di corsi d’acqua, il principale dei quali è il torrente Argentina, che attraversa la valle, Triora colpisce il visitatore per le suggestive atmosfere delle sue case in pietra con i caratteristici tetti d’ardesia e per i suoi romantici caruggi. In questa amena cornice si stenta a immaginare la lugubre vicenda che vide coinvolte decine di persone, in prevalenza donne, nell’estate del 1588 in uno dei più famosi processi per stregoneria celebrati nella penisola, una dramma frutto del pregiudizio sociale e del fanatismo religioso che anche senza roghi lasciò comunque la sua scia di dolore e di morte nella comunità triorese.
In quella che fu un tempo la Grande Podesteria, la cui prosperità derivava dal grano, dall’olio e dalla lavanda, che qui cresce folta, favorita dall’eccezionale microclima e i cui fasti sono scolpiti nelle architetture dei palazzi nobiliari e delle Chiese che ancora l’abbelliscono, si consumò una pagina oscura della storia, non solo locale, che oggi si fatica anche solo a immaginare.
Se oggi Triora è conosciuta in tutta la penisola e all’estero come la Salem d’Italia, anche se dal punto di vista cronologico sarebbe più corretto il contrario, lo si deve al coraggio di una comunità e dei suoi amministratori che invece di nascondere questa triste vicenda hanno inteso fare i conti con il proprio passato, rendendo un poco di giustizia alla memoria delle vittime innocenti di quella feroce caccia iniziata nel 1588 e conclusasi l’anno seguente. Fu proprio in occasione del IV centenario dei processi che l’amministrazione locale, in collaborazione con alcuni studiosi e accademici, decise con un congresso di tornare a parlare di quella vicenda portandola a conoscenza del grande pubblico.
Da allora Triora, che nella seconda metà del secolo scorso aveva conosciuto un graduale spopolamento, è assurta all’onore della cronaca come il borgo delle streghe, sede ogni anno di importanti iniziative sul tema della magia, della stregoneria storica e della caccia alle streghe, vivendo una nuova primavera con l’arrivo di turisti da tutto il mondo e una rinascita del borgo con piccole attività commerciali e artigianali legati alla leggenda delle streghe. Oggi il ridente centro dell’entroterra ligure, è sede anche del primo Museo Etnostorico della Stregoneria (Mes), realizzato su progetto dell’architetto Luca Dolmetta e curato per la parte scientifica dallo storico Paolo Portone.
Nelle sale del Palazzo Stella, lo stesso dove furono celebrati i processi e da cui si gettò per la disperazione una delle accusate, i visitatori, gli appassionati e i semplici curiosi potranno trovare se non la risposta, alcuni spunti di riflessione per comprendere chi abbia rappresentato storicamente la strega diabolica e chi dietro la sua mostruosa maschera si intese realmente colpire. Le quattro sale finora allestite, inaugurate nel dicembre 2016, ci immergono quindi senza esitazioni nella cultura delle persone definite ‘streghe’, nelle coordinate del pensiero magico, nelle figure di riferimento appartenenti alla mitologia arcaica e classica, nei saperi erboristici tramandati soprattutto per linea femminile, che all’epoca erano assolutamente analoghi a quelli della medicina conventuale ed ospedaliera.
L’allestimento si conclude, per ora, con la sala incentrata sul Processo di Triora, preceduta da uno spazio dedicato all’Invenzione della strega diabolica, perché di questo storicamente si è trattato, vi sono collocate anche streghe e befane, queste ultime sottoprodotti delle streghe diaboliche, il cui arcigno profilo contrasta con quello delle Dee, spiriti e creature femminili della seconda sala. E a proposito di “streghe”, chi si trovasse a passare di qui chieda di Antonietta, l’ultima signora delle erbe, una arzilla signora di novant’anni che oltre a un magnifico sorriso vi donerà utilissimi rimedi naturali per conservare la salute, frutto della sua decennale esperienza, nella raccolta delle piante officinali.
Triora da non perdere
Chiesa di San Bernardino. Eretta agli inizi del XV secolo in posizione strategica, lungo la via importantissima, quella dei pellegrini che dal mare volevano raggiungere i paesi montanti all’interno della Francia e della Pianura Padana. Il Portico posto all’esterno dell’edificio religioso aveva appunto una funzione di punto di sosta e di riparo per i viandanti. All’interno si trova un sistema altamente complesso di dipinti murali. Le scene cicliche molto forti e di grandi dimensioni, hanno come sfondo il tema del giudizio universale, tra queste spicca una delle primissime testimonianze, della nuova eresia delle streghe, in cui delle fattucchiere sono raffigurate mentre ardono in compagnia di alcuni Gazari (Catari) in una fornace infernale.
Piazza della Collegiata. Qui affaccia la Parrocchiale o Collegiata dell’Assunta e a fianco l’Oratorio di S. Giovanni Battista, di fronte all’Oratorio, dal lato opposto della piazza, Palazzo Stella, che ospita il Museo Etnostorico della Stregoneria, inaugurato a dicembre 2016.
Collegiata. Sorge, secondo la tradizione, su di un tempio pagano, chiesa di origine medievale, in un disegno del XVIII secolo, su un antifonario custodito in parrocchia, appare a tre navate in stile romanico-gotico. Ma di quella chiesa, profondamente rimaneggiata tra il 1770 e il 1775, resta ben poco: un pregevole e caratteristico portale con arco ad ogiva, composto da blocchi di pietra nera alternati ad altri di marmo bianco. Altri elementi della struttura preesistente sono la parte inferiore del campanile, le finestrine monofore e due lucernari a ruota, le basi ed i capitelli cubici sparsi nella piazza ed in altri angoli del borgo. Di grande interesse, vicino al fonte battesimale, è una tavola dipinta a fondo oro, parte centrale di un polittico disperso, rappresentante il Battesimo di Cristo, attribuito al senese Taddeo di Bartolo, (XIV-XV sec). Di grande interesse è anche il cosiddetto Cristetto (XV sec.).
Museo Etnografico. All’inizio di Corso Italia è ubicato il Museo Etnografico di Triora in cui sono raccolti numerosi oggetti antichi, talvolta usati ancor oggi dai discendenti di contadini e pastori. Suddiviso in sei sale, il museo rappresenta in ognuna di esse un ciclo della civiltà agro silvo pastorale.
Dove mangiare
Chi passa per questo incantevole borgo non può mancare di assaggiare i manicaretti preparati da Gianni e Carla, gli chef proprietari dell’Erba gatta (a proposito si dice che un tempo fosse usata come segnalibro nei grimori). In questa accogliente locanda si potranno degustare i piatti tipici della zona, mitico il branda, realizzati con le eccellenze della produzione locale, olio extravergine di olive Taggiasche, il Pane di Triora, il vino, i fagioli, lo zafferano, le erbe i funghi e i formaggi.
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CREDITS FOTO:
Giovanni Nicosia
Sandra Jacopucci
Giornalista italiano con oltre 40 anni di esperienza nel mondo dei media.
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