Un destino scritto nella roccia: San Leo e la sua fortezza
“Vassi in Sanleo e discendesi in Noli, montasi su in Bismantova e ‘n Cacume con esso i piè; ma qui convien ch’om voli”, Divina Commedia”, Pg IV,24-26.
Ai colleghi giornalisti che domandavano a Umberto Eco, l’autore del fortunato romanzo Il nome della Rosa, tradotto in quaranta lingue (più di cinquanta milioni di copie vendute), quale fosse la città a lui più congeniale, rispondeva: “San Leo, una Rocca due Chiese!” Indubbiamente un luogo magico che trasmette emozioni. Ma già il Borgo romagnolo, che si è guadagnato due titoli importanti, I Borghi Più Belli d’Italia e Bandiera Arancione del Touring Club italiano, aveva avuto, nei secoli scorsi, tra i suoi sponsor, un personaggio speciale come Dante Alighieri che ai primi del trecento visitò questa terra e che ricorda San Leo nel IV canto del Purgatorio della Divina Commedia.
Un legame particolarissimo, invece, tra San Francesco d’Assisi e il piccolo centro dell’Appennino, unico, in Italia, a fregiarsi della sua figura nello stemma civico del Comune. Una storica e travolgente predica del santo, l’8 maggio 1213, sotto un olmo, indusse il conte Orlando de Cattani, signore di Rocca di Chiusi nel Casentino, ospite dei Montefeltro, talmente impressionato dalle sue parole, a fargli donazione del Monte della Verna dove Francesco, secondo la tradizione, ricevette le Sacre Stimmate. San Leo è tappa centrale del Cammino di San Francesco, da Rimini a La Verna, ed è riconosciuto dalla Regione Emilia Romagna che lo ha inserito nel Progetto Regionale Cammini e Vie di Pellegrinaggio, censito nell’Atlante dei Cammini del MIBAC.
Protagonista assoluto dello straordinario scenario che domina la Valmarecchia, la magnifica, leggendaria Fortezza, severa ma invitante, che porta la prestigiosa firma di uno degli architetti militari più influenti del Rinascimento, Francesco di Giorgio Martini. La Rocca racconta la storia che l’ha attraversata e che l’ha abitata, come quella di Felice Orsini, carbonaro, che attentò alla vita dell’imperatore Napoleone III, il 14 gennaio 1858. In seguito al fallimento dell’azione venne condannato a morte e, due mesi dopo, ghigliottinato in Francia.
Dalla prima volta che me la trovai di fronte con la sua ripida bellezza, distesa sulla roccia come sul dorso di un mostro mitologico, la rocca di San Leo mi conquistò insieme alla vista l’anima. Meta preferita ogni anno da migliaia di coppie, di ogni dove, per celebrare le loro nozze, San Leo (RN) con la sua fortezza si erge su uno strapiombo, in un panorama di boschi e picchi rocciosi, dominando l’intera Val Marecchia, giù fino al mare.
Fin dai tempi più remoti, luogo di culto, il Monte Feretrio, su cui poggia l’abitato, sarebbe stato occupato da un tempio dedicato a Giove Feretrio, e conteso nei secoli per la sua invidiabile posizione strategica (goti e bizantini, Berengario II e Ottone I, Malatesta e Montefeltro), San Leo racchiude ancora oggi i suoi gioielli tra le inconfondibili mura, mirabile esempio dell’architettura militare quattrocentesca, su cui pose mano, nel XVIII secolo, il genio di Giuseppe Valadier, incaricato da papa Pio VII di apportare le necessarie migliorie a una rocca trasformata dopo la devoluzione alla Stato della Chiesa (1631), in una temutissima prigione. Il Forte, inespugnabile, è legato alla vicenda umana di un personaggio enigmatico, accolto nelle Corti più importanti d’Europa dove i giudizi si intrecciano: un guaritore, un mago, uno straordinario alchimista per alcuni, per altri un furfante, astuto imbroglione, avventuriero: Giuseppe Balsamo, Conte di Cagliostro è tutto questo…ma anche di più. Su decisione del Sant’Uffizio viene imprigionato a Roma, a Castel Sant’Angelo, con una condanna a morte per eresia, ma Papa Pio VI gli concede la grazia e la pena viene commutata nel carcere a vita da scontare nelle tetre prigioni dell’inaccessibile Fortezza di San Leo dove rimase per più di quattro anni, in una cella senza porta in cui il cibo gli veniva calato dai carcerieri attraverso una botola, (per timore che il suo sguardo potesse ipnotizzare le guardie), costretto a guardare, dalla finestrella protetta da tre ordini di inferriate, lui miscredente, due straordinari edifici religiosi: la spettacolare Pieve di Santa Maria Assunta e lo splendido Duomo romanico-longobardo. Qui muore il 26 agosto 1795 per un improvviso colpo apoplettico all’età di cinquantadue anni. Qualcuno ha scritto: “Nasce infelice, più infelice vive, infelicissimo muore”, quasi un monito per chi in vita si era beffato di uomini e santi.
Il 26 Agosto, la celebrazione dell’anniversario della sua morte, rappresenta, da sempre, uno degli appuntamenti più attesi dell’estate leontina, con il Festival AlchimiAlchimie che propone spettacoli, concerti e mostre.
Ieri come oggi, la ripida salita che porta al borgo mantiene la promessa di una fatica ben spesa: l’antica Monte Feltro che ospitò oltre Dante anche il poverello di Assisi, e che fece innamorare nel tempo artisti e letterati di ogni nazione (Umberto Eco la definì la più bella città d’Italia) presenta al visitatore un centro storico di assoluto valore, conservando intatta l’austera bellezza degli edifici romanici (Pieve, Cattedrale e Torre Campanaria) e allo stesso tempo mostrando la magnificenza dei palazzi residenziali risorti durante il Rinascimento.
Un abitato che si estende intorno alle chiese che si affacciano sulla piazza centrale, intitolata a Dante Alighieri, e dove spiccano il Palazzo Mediceo (1517-23), la residenza dei Conti Severini-Nardini (XIII-XVI sec.), il Palazzo Della Rovere (XVI-XVII sec.), la Chiesa della Madonna di Loreto e abitazioni costruite fra il XIV e il XIX secolo.
Oggi, tra le mura della Fortezza, il visitatore può partecipare ad un viaggio virtuale in compagnia di Dante, S. Francesco e Cagliostro visitando Musleo, l’Ecomuseo che racconta il territorio. “Quest’anno saranno molte e coinvolgenti le iniziative e le novità che accoglieranno i nostri ospiti-afferma il Sindaco Leonardo Bindi- stiamo lavorando al potenziamento della rete sentieristica, con particolare attenzione al Cammino di San Francesco, migliorando la fruizione dei servizi turistici dei pellegrini, come la realizzazione di un ostello. Sabato 29 giugno, ospiteremo il passaggio della prima Tappa del Tour de France, la Firenze-Rimini.”
San Leo, capitale del Montefeltro, una storia infinita fatta da potenti Famiglie che si sono alternate nei secoli, è un borgo vivace, in ogni periodo dell’anno, con una serie di interessanti manifestazioni come Gustaborgo, in primavera, con prodotti enogastronomici ed agroalimentari del territorio. La cucina, classica romagnola, propone eccellenti primi piatti con sfoglia fatta a mano: i tortelloni di San Leo. Le carni del Montefeltro come la spalla di agnello al Sangiovese, la pasticciata alla Cagliostro e il Grigione, salumi e formaggi locali. Per gli amanti della natura, l’opportunità di vivere un’esperienza unica: accompagnare Luigi, il pastore e le sue capre cachemire, al pascolo, con tanto di merenda ai partecipanti, durante la quale, lui e Silvia, racconteranno le modalità di gestione dell’allevamento e le fasi di lavorazione della preziosa lana. E nel periodo estivo una fresca ondata di giovani talenti musicali partecipa al Campus Nazionale dei Licei Musicali.
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Andrea Bonavita
Giornalista italiano con oltre 40 anni di esperienza nel mondo dei media.
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