Calabria segreta, alla scoperta dei gioielli della Locride. Gerace e la villa romana di Casignana
Le bellezze delle coste calabresi, tirreniche e ioniche, sono ormai da decenni un richiamo per i turisti di tutto il mondo amanti del sole, del mare e della buona tavola. Ho avuto la fortuna di visitare in lungo e in largo la punta dello stivale, quella che un tempo era indicata al plurale con il nome di Calabrie, per l’esattezza la Calabria Citra (o latina), con capoluogo Cosenza, e la Calabria Ultra (o greca), con capoluogo prima a Catanzaro e poi a Vibo Valentia. Posso dire che dopo anni di trasmissioni televisive, non ci sia angolo di questa magnifica regione che non abbia raccontato con la mia troupe, facendo conoscere a milioni d’italiani paesaggi mozzafiato, borghi meravigliosi e tradizioni che si perdono nella notte dei tempi. Eppure, come spesso capita nella vita, è proprio quando pensiamo di sapere tutto che veniamo clamorosamente smentiti, ed è quello che mi è capitato visitando Gerace (Borgo più bello d’Italia e Bandiera Arancione del TCI) e la limitrofa villa romana di Casignana.
Il Borgo di Gerace
Fuori dalle rotte più trafficate del turismo estivo, arroccato su una rupe di arenaria, incastonata nel Parco Nazionale dell’Aspromonte, si erge l’incantevole borgo di Gerace, che domina la valle Antonimina e dalla cui posizione privilegiata si gode una vista eccezionale del mare Ionio e della Locride. Il suo nome secondo una consolidata e suggestiva tradizione deriverebbe dal greco Γεράκι (Falco), il rapace che avrebbe indicato ai superstiti dell’antica Locri Epifeziri la posizione dove sarebbe sorto il nuovo villaggio, ipotesi però confutata da quanti sostengono che la sua origine discenderebbe dal nome della Diocesi di Locri, dedicata a Santa Ciriaca (Αγία Κυριακή in greco). Comunque stiano le cose, sappiamo per certo che questa area è stata abitata già in tempi remoti, come testimoniano i resti di una necropoli non distante dal centro abitato, dove sono stati scoperti resti di ceramiche risalenti al IX secolo a.C., e che la sua fortuna è derivata dalla sua particolare posizione, che come un nido di falchi domina sia sulla costa sia verso le montagne.
Durante il Medioevo il borgo divenne un centro di fondamentale importanza nella Calabria Ultra (meridionale o greca), e punto di contatto e di scontro tra Bizantini, Arabi e Normanni. A quest’ultimi si deve l’edificazione dell’imponente fortezza i cui resti si possono ancora ammirare nel centro storico e alla quale si poteva accedere attraverso dodici porte e un ponte levatoio, oggi crollato. Ancora oggi al visitatore che si addentri per i vicoli del borgo è possibile godere di una magica atmosfera, di un tempo sospeso proprio come nelle favole. Delle porte originarie che originariamente si aprivano sulle mura del nucleo storico del paese ne sono sopravvissute soltanto quattro: Porta dei vescovi o della Meridiana, Porta Santa Lucia, Porta Maggiore e infine Porta del Sole, quest’ultima particolarmente apprezzata dai turisti per la vista mozzafiato sulla sottostante vallata e sulla Costa dei Gelsomini.
Percorrendo a piedi le strade interne, rare nel loro lastricato con pietra viva disposta a “cozzo” (verticalmente), così costruite in modo da frenare le acque piovane e permetterne lo scolo grazie a un particolare angolazione, è possibile ammirare la bellezza dei palazzi signorili e dei numerosi archi a volta, detti “giustini”, per la singolare tecnica con cui erano realizzati, gettando calce su una incannucciata, a mo’ di cestino tradizionale, qui chiamato per l’appunto “giustino”.
Proseguendo con la visita, si giunge alla Piazza del Tocco, sede della Curia Civilis, cioè dell’antico Parlamento locale, di cui facevano parte nobili, borghesi e mastri dove si affacciano i Palazzi signorili Caleopulo, Migliaccio e Macrì, superata la piazza civile si entra nella Piazza Tribuna, all’ingresso della Curia Episcopalis, sede del vescovato, dove si staglia la Basilica Concattedrale di Santa Maria Assunta, l’edificio sacro più ampio della Calabria con i suoi 1680 mq, autentico gioiello dello stile bizantino-normanno (fu consacrata nel 1045), che nonostante i numerosi rifacimenti, soprattutto dopo il disastroso terremoto del 1783, mantiene intatta l’essenziale bellezza delle linee originarie con cui gli edifici religiosi normanni si fondono con l’impianto bizantino.
La città delle cento chiese
Sotto i normanni Gerace era detta la città delle cento chiese, numero destinato a salire nel corso dei secoli, secondo alcune stime furono ben 128 gli edifici sacri costruiti nel borgo, numero drasticamente calato dopo il sisma del XVIII secolo; oggi, tra quelle ancora aperte alle funzioni religiose, sono degne di nota la Chiesa di San Francesco, in stile gotico, voluta nella metà del 1200 dal Re Carlo II è considerata bene architettonico di interesse nazionale; la Chiesa del Sacro Cuore di Gesù, riedificata dopo il terremoto del 1783 dalla Confraternita del Sacro Cuore tutt’ora operante; la Chiesa di Santa Caterina, di epoca normanna e la Chiesa di San Giorgio Martire, la quale ospita un olio su tela del XVIII secolo e realizzato da Francesco Saverio Mergolo, raffigurante San Giuseppe col Bambino e la Madonna in Gloria tra gli angeli, che appare a San Biagio.
Ma il centro storico non finisce di stupire il visitatore, intrufolandosi nei vicoli si scopre un altro tesoro di Gerace: le grotte scavate nella roccia di Borgo Maggiore, un tempo sede degli artigiani che lavoravano l’argilla, ed ancora oggi utilizzate dagli artisti locali per tramandare questa tradizione artigiana. Se si capita da queste parti in luglio, le grotte si trasformano nella suggestiva cornice del “Borgo incantato”, una manifestazione inaugurata nel 1999, e che da allora continua a riscuotere un enorme successo tra i villeggianti della Costa dei Gelsomini e gli abitanti dei comuni limitrofi. Durante la kermesse, le strade sono invase da musicisti, band itineranti, giocolieri, funamboli, trampolieri, mangiafuoco, mimi, clown, maghi e prestigiatori provenienti da tutto il mondo. A Natale invece il borgo si trasforma in un presepe vivente, tra i più belli della Calabria, evento apprezzato anche perché divenuto con il tempo occasione per apprezzare i prodotti tipici in un’atmosfera unica, la pasta fresca con sugo di capra, da gustare assieme a un ottimo bicchiere di Vino Greco di Gerace, che rappresenta un’eccellenza dalle radici antichissime.
Non lontano dal Borgo, sulla litorale ionica (SS 106), in contrada Palazzi (RC) sorgono le rovine della Villa Romana di Casignana, la Piazza Armerina della Calabria, uno dei più grandi complessi di epoca romana dell’Italia meridionale, ubicata sull’antica strada di collegamento tra Locri Epizefiri e Rhegion (Reggio Calabria), appartenuta ad una famiglia patrizia molto importante probabilmente legata all’attività vinicola, ipotesi fondata sul ritrovamento in situ di numerosi frammenti di anfore romane e per alcune raffigurazioni presenti nei mosaici che adornano gli ambienti dell’edificio. Scoperta nel 1963, la Villa di Casignana, costruita presumibilmente nel I sec. d.C. in una zona già frequentata in età greca e che raggiunse il suo massimo splendore nel IV sec. d.C., rappresenta un’importante testimonianza della ricchezza stilistica, architettonica e della raffinatezza artistica degli edifici nobiliari di epoca ellenistica.
I piani pavimentali mosaicati, che richiamano stilisticamente quelli ritrovati nell’odierna Tunisia e in Libia (Tripolitania), costituiscono un unicum sul territorio Calabrese. La villa aveva dimensioni incredibili, estendendosi per circa 12 ettari. Per la sua importanza nel tempo fu realizzata nei suoi pressi anche una “statio”, cioè una stazione di sosta (o di posta) di una certa levatura per i funzionari della burocrazia imperiale che viaggiavano nel’antica Locride. L’ala residenziale doveva presentarsi con un uno sfarzo consono alla dimora di un personaggio importante, console, magistrato o patrizio.
La magnificenza dell’area padronale consiste negli stupendi pavimenti musivi e nella ricca decorazione delle pareti, abbellite da intonaci dipinti, da mosaici in vetro multicolore e da pregiati marmi di importazione. Il nucleo di maggiore effetto è tuttavia rappresentato dal complesso termale, vero status symbol dell’aristocrazia romana; la sua struttura rispecchia la classica ripartizione dell’area destinata alla cura del corpo e allo svago: un ambiente riscaldato (il calidarium) e un ambiente con temperatura più moderata (il tepidarium) che serviva a preparare il fisico all’ambiente più freddo (il frigidario). Tutti gli spazi sono decorati con mosaici: quelli più antichi a tessere bianche e verdi, quelli più recenti policromi, realizzati con tessere più piccole.
A destare incanto e meraviglia è tuttavia il Calidarium, a pianta ottagonale e pavimentazione a mosaico in piccole tessere, con relativo impianto di riscaldamento a ipocausto e tubi fittili sulle pareti (IV sec.). Il complesso è formato anche da una sala rettangolare, pavimentata con lastre di marmo colorato. ed un ninfeo monumentale con cisterne situato a monte. Il mosaico della sala è formato da lastre di marmo colorate. In un’altra pavimentazione si riconosce nel personaggio centrale Bacco, con accanto un satiro, che ha il compito di sorreggere il Dio ebbro. Una divinità che a distanza di secoli continua a benedire queste terre ricche di tradizioni e di vini eccellenti, che merita di sicuro almeno una volta nella vita di essere visitata e amata.
Gerace Gallery
Casignana Gallery
CREDITS FOTO CASIGNANA:
Stefano Strati
Enzo Lacopo
CREDITS FOTO GERACE:
Polonio Video di Daniele Sgura
Giornalista italiano con oltre 40 anni di esperienza nel mondo dei media.
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